Ad averci pensato con il senno di poi siamo stati due incoscienti a buttarci così tra le braccia l'uno dell'altra. Ma eravamo spauriti, sperduti e ci sentivamo soli.
Tu mi cantavi spesso una canzone di Luigi Tenco che faceva cosi: "mi sono innamorato di te perchè non avevo niente da fare, di giorno non volevo più stare solo, di notte parlare d'amor..."
Anche per me era lo stesso, mi ero innamorata di te per gli stessi motivi tuoi e di Tenco.
Adesso canto spesso con voce triste questo motivo nel mio cervello e le lacrime mi salgono agli occhi, e mi vengono i brividi sulla nuca, la mia gola si stringe. Soffro maledettamente e non so perchè, sento solo un lontano senso di mancanza, di lontananza.
Ma io non ho la fortuna di certi poeti e scrittori, non mi posso crogiolare in questo stato di melanconia. Non ho il fisico.
Il mio corpo mi obbliga a reagire: si ribella alla tristezza. il mio corpo è teso e ipersensibile. Sempre pronto a scattare con i sensi all'erta come un giaguaro. Alle prime avvisaglie di depressione, di languore che aleggia mi costringe ad un moto obbligato, come correre a perdifiato o camminare per ore. Alla fine stanca ma ancora tesa preparo i miei tè al gesomino e scrivo, perchè scrivere è come rubare un frutto rosso e succoso e mangiarlo avidamente.
Perchè la scrittura cura le mie ferite come un infermiera amorevole e diligente, che ti da le medicine giuste.
Lo so parlo sempre di me sono un' egocentrica: me lo dicevi sempre amore mio.
Ma no, non è vero, invece è di te che soprattutto voglio raccontare, delle tue chitarre e delle tue canzoni. Del nostro scantinato segreto. Di tua madre che mi odia e di noi. Voglio descrivere questa strana e maledetta storia cominciando dal principio. Dalla prima volta che ci siamo visti e del perchè tutto è cominciato.
Continua..
Post del 13.11.2011 0re 22.30

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