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venerdì 11 marzo 2011

La storia del bambino perduto


In un paese molto lontano viveva un crudele e indegno sovrano: riempiva i sudditi di tasse e manteneva il dominio seminando il terrore con i suoi perfidi mercenari.
Un giorno d'inverno bussò alla porta dell'antico maniero una povera ragazza vestita di stracci, teneva in braccio il bambino più bello che si fosse mai visto, sebbene sporco come uno spazzacamino.
"Vi prego signore abbiammo tanta fame, fateci la carità di un pezzo di pane". Disse la donna al servo in livrea che aprì il portone. Il re che si trovava nei pressi si arrabbiò tantissimo e chiuse la porta in faccia alla povera disgraziata e alla sua creatura.
Poi rivolto al servo intimorito esclamò: "Se dovesse tornare a bussare con quel sudicio bambino non azzardarti ad aprire."
Durante la notte la donna bussò tante e tante volte ancora, mentre fuori si faceva sempre più freddo, ma nessuno aprì più.
Allora, per paura che il piccolino potesse morire, si spogliò dei quattro stracci che aveva indosso e li avvolse tutti intorno al  bambino, dopodichè nuda e infreddolita si strinse al suo fagottino e così la morte la raggiunse alle prime luci dell'alba.
La mattina una servetta che stava preparando la prima colazione nelle cucine del castello sentì piangere e strillare forte, uscì a vedere ma non capiva da dove venisse quel pianto.
Poi si avvicinò ad un cespuglio e vide un bambino completamente nudo di circa un anno che piangeva e accanto aveva un mucchio di stracci.
Guardò meglio e si accorse che sotto quegli stracci c'era il corpo  cadavere di una giovane ragazza. Allora si mise a strillare come un aquila e chiamò il maggiordomo e la governante mentre si faceva il segno della croce.
Il gran fracasso richiamò l'attenzione del re che, vista la situazione, ordinò ai servi di scavare una fossa e buttarci dentro il cadavere con la stessa freddezza che se avesse visto il cadavere di un cane.
"Sire" disse la servetta tutta tremante "e del bambino cosa ne facciamo?".
Il re duramente rispose: "Quello che volete ma non fatemelo ritrovare tra i piedi".
Così il piccolo Domenico, lo trovarono di domenica, crebbe tra le sottane delle sguattere e delle serve del castello e divenne un giovanotto stupendo e intelligente, imparò addirittura a leggere e a scrivere chiuso in una delle biblioteche del castello.
Nessuno aveva mai avuto il coraggio di raccontargli come fosse capitato lì, tutti dicevano che era stato trovato una domenica mattina in un cespuglio davanti al portone delle cucine.
Intanto il re, ormai vecchio,  era sempre più avido e crudele e i sudditi sempre più poveri e affamati.
Una  notte però Domenico sognò sua madre che gli raccontò di come quell'uomo crudele l'avesse messa alla porta, in una fredda notte d'inverno di molti anni prima, facendola morire assiderata. Le disse anche dove trovare le sue povere ossa, pregandolo di darle una degna sepoltura.
Il giorno dopo Domenico uscì di soppiatto armato di pala e spalò e spalò finchè non ritrovò le ossa di sua madre. Allora armato fino ai denti e decise di metter fine a quel maledetto regno d'oppressione.
Entrò nella sua camera uccidendo le guardie alla porta poi si avvicinò al vecchio e guardandolo fisso negli occhi gli disse: "Meriti la morte maledetto infame!" E gli piantò la spada dritto nel cuore.
 Fuori la gente del castello in festa lo acclamò come nuovo sovrano: fu un re saggio e generoso che governò per molti e molti anni a venire.

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